User talk:Digart

From Wikimedia Commons, the free media repository
Jump to navigation Jump to search
Welcome to Wikimedia Commons, Digart!
Afrikaans | Alemannisch | asturianu | azərbaycanca | Bahasa Banjar | català | čeština | Cymraeg | dansk | Deutsch | Deutsch (Sie-Form)‎ | English | español | Esperanto | euskara | estremeñu | français | Frysk | galego | hrvatski | Bahasa Indonesia | interlingua | Interlingue | íslenska | italiano | Kiswahili | Kurdî | Latina | lietuvių | magyar | Bahasa Melayu | Mirandés | Nederlands | norsk bokmål | occitan | Plattdüütsch | polski | português | português do Brasil | română | rumantsch | Scots | shqip | sicilianu | slovenčina | slovenščina | Basa Sunda | suomi | svenska | Tagalog | Türkçe | vèneto | Tiếng Việt | Zazaki | Ελληνικά | беларуская | беларуская (тарашкевіца)‎ | български | Ирон | македонски | нохчийн | русский | српски / srpski | тоҷикӣ | українська | ქართული | Հայերեն | नेपाली | भोजपुरी | मराठी | हिन्दी | অসমীয়া | বাংলা | தமிழ் | മലയാളം | සිංහල | ไทย | ၽႃႇသႃႇတႆး  | မြန်မာဘာသာ | 한국어 | 日本語 | 中文 | 中文(台灣)‎ | 中文(简体)‎ | 中文(繁體)‎ | 粵語 | עברית | اردو | العربية | تۆرکجه | سنڌي | فارسی | +/−

Cavallo di Troia di Marcello Mazzella

[edit]

VideoARTgame di Lorena Giuranna

Eugen Fink, in un suo scritto del 1960, Il gioco come simbolo del mondo, intravede in questa pratica comune e del tutto umana un significato universale, una “trasparenza cosmica”. Nella attività ludica l’uomo realizza la sua apertura verso il mondo: il gioco è gratuito, senza scopo metafisico o esistenziale, è manifestazione dell’irrealtà e dell’immaginazione; eppure tramite esso l’uomo sembra mimare il senso di onnipotenza del cosmo. Inoltre il tempo del gioco è illimitato, dilatato, privo di parametri obbligati, e in questa modalità ci sembra di ritrovare la qualità del tempo speso in rete, a viaggiare, navigando un mondo virtuale e senza gerarchie, in cui si riscopre la libertà infantile di chi non si cura del giudizio altrui. Con la differenza che, in rete, la conquista della libertà è concessa dalla garanzia di invisibilità.

Gioco, interazione e universo digitale sono racchiusi in Cavallo di Troia, l’ultimo lavoro multimediale di Marcello Mazzella. Si tratta di un’opera complessa e divertente, ricca di significati stratificati, rimandi alla storia dell’arte e della cultura, essa è inoltre un omaggio all’ingegno umano di tutti i tempi, anche quello malizioso e disonesto. Non è un mistero infatti che il titolo richiami la macchina da guerra che, secondo il mito, fu usata dai greci per espugnare la città di Troia. Il termine è poi entrato nel linguaggio comune per indicare uno stratagemma con cui penetrare le difese. Nella generazione digitale, precisamente, l’espressione “Trojan Horses” indica un tipo di “malfare”, un codice maligno, le cui funzionalità sono nascoste all’interno di un programma apparentemente utile, ed è proprio chi lo scarica a commettere, inconsapevolmente, un danno verso se stesso.

Questo elemento linguistico è già un buon modo di mettere in relazione tempi e luoghi infinitamente lontani, dando prova della nostra odierna esperienza del tempo, non più necessariamente costretta a seguire un ordine cronologico nell’esplorazione dei fatti.

L’opera di Mazzella, tuttavia, non è affatto un inganno; l’artista cita il cavallo di Troia, simbolo di un patrimonio culturale ormai divenuto collettivo (e forse abusato), per poi trasformarlo nell’incipit di un nuovo lavoro multimediale.

La partenza è la realizzazione di un bassorilievo bianco come il marmo, raffigurante alcuni cavalli in prospettiva, potenzialmente pronti al galoppo. La tecnica e il soggetto sono classicheggianti solo all’apparenza: il materiale scolpito è infatti polistirolo espanso e gli animali hanno un aspetto vagamente virtuale; si scoprirà infatti che il modello per il rilievo è ripreso dalla grafica web, caratterizzata da un’estetica meccanica e impersonale.

Il bassorilievo, poi, non è solo un lavoro scultoreo di sapore contemporaneo, è anche una piattaforma, lo schermo sul quale si proiettano immagini e video rigorosamente dedicati all’emblematica figura equestre. Dalle atmosfere epiche dei film western di Sergio Leone al furto sul web delle immagini più disparate, Mazzella costruisce un campionario vario e metastorico intorno alla figura del cavallo, specchio dell’attuale svariata miscellanea culturale offerta dal web.

Dunque abbiamo lo “schermo”, abbiamo video, immagini, e un artista che ha costruito la sua intera ricerca sulle dinamiche interattive. L’anello di congiunzione di tutti questi elementi è il pubblico. Attraverso una tastiera collegata al proiettore lo spettatore ha infatti la possibilità di sperimentare

una serie illimitata di varianti, a cominciare dalla semplice scelta del video, fino alle modalità con le quali le immagini dei video possono essere proiettate. Ad ogni tasto corrisponde un differente effetto cromatico o cinetico; eserciti di cavalli in corsa si moltiplicano dieci, cento, mille volte, trasfigurandosi in graziosi motivi decorativi, stravolgendo le proprie dimensioni e sfidando le leggi di gravità.

Altri tasti corrispondono ad effetti sonori, musiche apocalittiche e da videogame che si mescolano in una realtà dove tempo e spazio sono assolutamente arbitrari. Lo spettatore (in realtà vero motore dell’opera) si ritrova così immerso in un mondo eccitante e ludico, e per qualche istante dimentica di essere ad un vernissage, in un celebre spazio espositivo milanese, la Fondazione Mudima, dove, nell’ottobre del 2008, è stata per la prima volta presentata l’opera.

Immersi totalmente nell’esperienza interattiva offerta da Cavallo di Troia, ci si rende conto, una volta tornati alla realtà, che la componente del gioco dà forma all’opera e, in definitiva, ne costituisce il senso primario, nella misura in cui l’attore si ritrova “solo con se stesso” agendo il lavoro e gustando contemporaneamente la varietà culturale e temporale delle immagini e dei meccanismi visivi.

La net-art, genitore e motore dei lavori di Mazzella fin dagli anni Novanta, è il bacino dal quale sono generate le immagini, e anche la filosofia della rete continua a fornire il suo impulso e i suoi “prodotti” alla creazione. Tuttavia nel nuovo lavoro di Mazzella sono il divertimento e la gioia pagana del giocare con i tasti pilotando le sorti dell’opera a segnare il passaggio dalla relazione con altri soggetti alla relazione, tramite il mezzo, con sé.

Del resto anche Kant, nella Critica del Giudizio, ravvisava nell’idea di gioco il modo di darsi delle facoltà conoscitive individuali nell’esperienza del bello. Il gioco è libertà e spontaneità di pensiero e proprio attraverso esso l’uomo si riconosce come dotato di queste qualità originarie.

Questo tempo comune della rete e del gioco ha una connotazione sui generis, che non si misura nell’istante, vicina a ciò che i greci chiamavano Aion, la forza vitale, la durata non misurabile, ben diversa da Chronos (il tempo scandito della vita dell’uomo) e da Cairos (l’istante fuggevole). Siegfried Zielinski, fondatore del campo dell’archeologia dei media, lo definisce “tempo remoto” , e sottolinea la necessità di diventare piloti di A ion , assumendosi i rischi del caso, con qualche garanzia di autoanalisi in più.

Non è un caso che Eraclito rappresenta Aion come un bambino che gioca a dadi; l’immagine evoca attesa, sorpresa e sospensione. E forse un pizzico di rischio. Il mitico Aion indugia, riesce a ingannare Chronos, snobba Cairos, costruendo una durata parallela, misteriosamente prolungata e del tutto vicina alla dimensione temporale contemporanea del web. Del resto il nostro artista conferma, con questo lavoro, di essere partito da lì.

Si veda il volume di S. Zielinski: Deep time of the Media, MIT press, 2006. — Preceding unsigned comment added by Digart (talk • contribs) 16:46, 09 July 2016 (UTC)[reply]