User:Luigidebnis
Parrocchia Santa Eufemia - Alba Adriatica
[edit]La storia
[edit]Futili contrasti tra parroci in apparenza, in realtà ragioni pastorali inducono il vescovo di Teramo Mons. Alessandro Zanecchia-Ginnetti, sebbene nel frattempo venga meno, a trasferire con il decreto del 31 maggio 1920 la parrocchia di Santa Eufemia V. M. da Tortoreto Alto dapprima alla Marina, poi definitivamente a Tortoreto Stazione, dove le funzioni sacre essenziali sono officiate per lo più nelle cappelle private di famiglie signorili. La Stazione: case in fila ai lati della statale polverosa, l'attuale via Roma, addensate le più presso lo scalo ferroviario e a capo di poche strade che dalla statale si perdono tra i campi e gli acquitrini
verso mare; poi nella campagna, accuratamente coltivata tanto da alimentare una larga esportazione di ortaggi, casolari rustici di mezzadri e contadini presso ville padronali. L'analfabetismo è molto diffuso, il Re non è che un nome, il ceto padronale, al di là di qualche professionista locale, viene in villa solo d'estate dalle grandi città, qualcuno inneggia al socialismo, tutti però, piccoli artigiani per i bisogni locali, pescatori e soprattutto contadini, sanno il lavoro, faticoso e scuro, che indurisce i muscoli e l'anima. La vita religiosa è ridotta a segno esteriore di un momento significativo o estremo, il sacerdote è presenza fugace. Qui la chiesa è quasi una pinciaia larga 4 m e lunga circa 8 - 10 m ed è situata dove ora sorge la casa parrocchiale, ma con l'altare verso la montagna e l'uscita laterale verso la piazza. La terra buona del paese che finisce in palude verso mare è l'immagine di una desolata condizione interiore: la vita dello spirito è in sostanza un altro diritto negato. La condizione non muta con il primo parroco, don Giuseppe Moretti, che preferisce abitare a Tortoreto Marina e viene solo di domenica alla Stazione. Solo nel 1928, dopo ordini reiterati del nuovo vescovo Mons. Quadraroli, si trasferisce in sede, ma i rapporti sia con la curia che con la popolazione sono tesi e il 22 maggio 1929 riceve l'ordine di trasferimento, ma nell'attesa della ratifica del recente concordato la comunicazione ufficiale al procuratore del Re viene data il primo dicembre.
Il nuovo parroco, don Arturo Semproni, di 47 anni, si adopera con passione, abnegazione e disponibilità caritatevole: condivide in povertà la condizione dei più con il "breviario" sempre in mano; rompe così il muro di diffidenza e getta il seme del vangelo in una popolazione che per la posizione sul mare a sbocco di una valle è sempre più eterogenea e sensibile agli affari. Vive dedito alla sua opera estraneo ai fermenti politici sebbene dal 1919 i cattolici si siano organizzati nel partito Popolare di don Luigi Sturzo e in associazioni di cui però al sacerdote sfuggono forse le potenzialità. Corona però il sogno della nuova chiesa, venuta su molto lentamente con il lavoro e la partecipazione di tutti e in essa il 25 marzo 1939 concelebra con il sacerdote novello don Orlando Crescenzi tra la folla in festa. Condivide con la sua gente i pericoli e i lutti dell'ultima guerra, specie tra il 1943 e il '44 quando anche la Stazione subisce continui bombardamenti a causa della linea ferroviaria e del piccolo campo d'aviazione oltre il torrente Vibrata. Muore vivamente compianto a 64 anni il 20 novembre 1946 in assoluta povertà dopochè, scomparse le due sorelle, è stato accolto in casa Pelliccioni.