File:Pozzuoli, Porta di ingresso al Rione Terra (1774).jpg

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Italiano: Pozzuoli, Rione Terra - "Iscrizione messa nell'entrata della Porta della città".
  • Fra il 1768 e il 1774 un giovane disegnatore pugliese, Francesco Antonio Letizia, visita gli antichi monumenti flegrei; studia le vecchie guide, entra in contatto con il più illustre degli antiquari, William Hamilton, che lo incoraggia a realizzare un dettagliato resoconto iconografico sui Campi Flegrei.

Il manoscritto illustrato di Letizia, rimasto inedito e oggi ritrovato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, è un nuovo, straordinario documento sulla storia di quella mitica regione.

L’Antichità di Pozzuolo

Nei disegni inediti di Francesco Antonio Letizia (1774)

Tav. III – f. 16 Iscrizione messa nell’entrata della porta della Città (cm- 18,6 x 26,7)

Francesco Antonio Letizia il disegno, del tutto originale è l’ unico, che mostri con precisione l’aspetto dell’antica porta orientale del Rione Terra, purtroppo oggi scomparsa (sic), posta sulla cima della rampa di collegamento con il borgo sottostante (abbascio ‘o valion e il borgo marinaro). La porta è visibile, ma in lontananza, nelle vedute generali di M. Cartaro (1584), in cui appare provvista di merli, e nella tav. IV del Paoli. Nello sfondo si riconosce la piazza del Sedile di Porta; a destra è il Sedile, eretto nel 1623, nell’assetto antecedente al rifacimento del 1781. La porzione piccola che si vede nello sfondo, con il caratteristico portale, sporto in avanti, è certamente identificabile con il Palazzo Migliaresi. Francesco Antonio Letizia ha riportato, al centro del disegno, le due iscrizioni che erano murate sotto il piedritto destro (struttura muraria verticale avente funzione di sostegno); la prima, CIL X, 1640, ricorda il restauro dell’opus pilarum puteolano da parte di Antonino Pio; l’epigrafe è riportata anche nel testo, ove (come in Mormile, p. 104) la si dice rinvenuta nel 1577 (f. 39v – in S 94 è riportato l’anno 1575). La seconda iscrizione, pertinente al rinvenimento della prima, reca la data 1575 e il nome di Franciscus Murillus, regia(e) classis curator; non menzionata in Mormile, è però riportata (più correttamente) in S 96 (e CIL X, 1640). Quando Letizia disegnò la porta, nel frattempo l’assetto del sito fosse mutato, era privo di commento o descrizione, mentre il testo di De Jorio (1817) dà più significato riportandolo alla sua guida: << Giunto il forestiere in Pozzuoli, desiderando veder tutto con distinzione, smonterà alla porta della città; salendo il ponte, su cui era la porta dell’antico castello, troverà alla prima abitazione a sinistra il fabbricato nel muro una ben grande iscrizione, che principia IMP. CAESAR. DIVI HADRIANI M. F. >> (sic).

Nel 1989, Giuseppe Camodeca, effettuando delle ricerche presso la sezione Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli, notò un manoscritto settecentesco, L’antichità della Città di Pozzuolo, il cui autore, Francesco Antonio Letizia, non sembrava rientrare fra i già noti descrittori delle antichità dei Campi Flegree. Francesco Antonio Letizia col il materiale inedito dei campi Flegrei disegnato nel 1774, rappresenta in un campo come quello iconografico dove da tempo non appariva più alcuna sostanziale novità. L’autore del manoscritto, Francesco Antonio Letizia, un giovane Pugliese di Francavilla Fontana, che era stato a lungo nei Campi Flegrei avendo lavorato come “soprastante” della Real Petriera del Monte Olibano, volle illustrare coi suoi disegni <<al vivo tutti que’ monumenti antichi che in Pozzuolo vi sono>>, a sentire lui, fu incoraggiato nell’impresa dal personaggio famoso e autorevole come Sir William Hamilton. Bisogna ricordare che Letizia non era in grado di capire e di comprendere alle antichità sparse nei Campi Flegrei, Paolo Antonio Paoli aveva già iniziato la suo opera nel 1768. La sua scarsa cultura letteraria non gli consentì che di ricorrere come testo da illustrare all’antiquata guida seicentesca di Giuseppe Mormile, dal sito et antichità della città di Pozzuolo (1617), qualche brano tratto dal Sarnelli e poche osservazioni originali, il tutto revisionato da un giovane erudito, Marcantonio de Angelis. Invece i disegni ad inchiostro del Letizia, di gusto naif, da buon dilettante, e forse per questo non particolarmente apprezzati dal suo illustre committente (Hamilton), che disponeva di ben altri artisti , sono per questi stessi motivi particolarmente interessanti per noi, non solo, per quelle tavole con piante ed alzati di monumenti flegrei del tutto originali, e talvolta unici (come il prospetto settentrionale dello stadio d’età antonina, o alcuni monumenti funerari della via Campana), quanto in particolare per alcune vedute assai realistiche del paesaggio flegreo del 1700, fra le quali straordinaria per le novità dell’impostazione, la veduta del mare di Pozzuoli. Tuttavia una lettura attenta rese evidente la peculiarità, se non del testo, nel quale erano presenti diverse parti originali, almeno del suo corredo iconografico; ben quarantatre tavole inedite, molte delle quali di estremo interesse non solo per la storia delle antichità, ma anche per gli studi sull’assetto urbanistico e la descrizione topografica del territorio. Il manoscritto L’antichità della Città di Pozzuolo di Francesco Antonio Letizia, non fu mai stampato e fu anche presto dimenticato, riapparve soltanto nella seconda metà del XIX secolo, quando fu acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e molto tempo dopo, fu visto da Theodor Mommsen che a sua volta ne trasse una scheda epigrafica per il decimo volume del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL. X 2799); e forse resta l’unico studioso che abbia adoperato l’opera di Letizia, benché presentata come semplice riassunto di Mormille. (L’esame dell’opera mostrò subito che l’autore aveva fatto largo uso di scritti già noti, in particolare dal Sito et antichità della Città di Pozzuolo (1617) di Giuseppe Mormile di cui, in definitiva, il nuovo testo doveva essere una riedizione). Francesco Antonio Letizia è un nome sconosciuto, quindi non un uomo di lettere, né antiquario; ma, un uomo onesto, sufficientemente onesto da indicare che il testo non era suo. Era estraneo all’ambiente degli eruditi napoletani e dichiara che svolgeva a Pozzuoli l’attività di soprastante ai lavori di una Real Petriera, da identificarsi anche per quanto egli stesso aggiunge al f. 44 (v. Cap. 13), con la cava del Monte Olibano, da cui si estraevano i massi di lava impiegati sia nell’edilizia che in opere portuali. Purtroppo non si sa in quali anni Letizia effettivamente abbia occupato tale carica; nella Dedica, datata 1 gennaio 1774 l’incarico di sovrastante ai travagli puteolani risulterebbe già affidato ad altri, prima un certo Silvestro Magnasch, quindi a Prospero Vetti (ASN, casa Reale Antica, Affari Diversi, 886 (Pozzuoli, Travagli). In questi documenti, il cui oggetto è alquanto generico, non è mai menzionato il monte Olibano). L’unico dato certo dell’autore è il nome della sua città di origine: Francavilla Fontana (Brindisi). Dai documenti relativi al Catasto Onciario del 1753, si è potuto accertare l’origine pugliese di Letizia, (la famiglia abitante al Borgo delle Paludi, risulta formata dal padre Cataldo, di professione insalciatore, da Marta Carella (o Casella), e dai figli Francesco Antonio (primogenito), Domenico e Giuseppe Nicola), e risalire alla sua data di nascita, il 22 febbraio 1745. Pertanto, egli si occupò dei monumenti flegrei fra i ventitré e i ventotto anni. Nella stesura del manoscritto, c’è un elemento di particolare interesse delle Antichità dei Campi Flegrei è la dedica che Francesco Antonio Letizia rivolge a William Hamilton, ambasciatore straordinario d’Inghilterra a Napoli sin dal 1764. Nella dedica si sostiene, con insistenza, che fu proprio Hamilton a spronare Letizia a realizzare l’opera, e da essa sembra trasparire che la sua realizzazione dovette essere difficile, forse più volte interrotta, tanto da richiede vari solleciti. Alla fine dell’Opera, probabilmente, William Hamilton, non lo ritenne all’altezza delle aspettative. Il testo di Mormille, per quanto a tratti aggiornato o integrato, doveva apparire al colto autore dei Campi Phlegraei del tutto inadeguato a rappresentare efficacemente la realtà del territorio flegreo; e i disegni di Letizia, per quanto, ma non sempre, nuovi, ed eseguiti con ogni cura possibile, non reggevano al confronto con quelli degli artisti che gravitavano abitualmente nella corte di Hamilton. Le tavole di Letizia possono forse risultare deludenti, se si mettono al confronto alle raffinate incisioni di F. Morghen o del Paoli. L’autore, sprovvisto di una tecnica adeguata a rendere efficacemente le proporzioni e la prospettiva, ha sovente commesso errori nelle raffigurazioni dei monumenti, dei paesaggi, e della figura umana. Tuttavia, escludendo i casi, rari, in cui sono riprese incisioni preesistenti, i disegni di Letizia presentano molteplici motivi di interesse. La maggior parte delle tavole contiene dati importanti per lo studio dell’antica topografia flegrea e, in particolare, della storia urbanistica settecentesca di Pozzuoli. Le tre vedute generali della città, da differenti punti di vista, insieme agli scorci dell’abitato presenti nelle tavole di alcuni monumenti (fra cui la porta urbica, il tempio dell’acropoli, la statua Mavorzio), contribuiscono ad accrescere le conoscenze sul Settecento puteolano, momento che vede l’assestarsi del baricentro urbano del rione Terra al borgo sottostante, il cui sviluppo, iniziato con Pedro de Toledo, testimonia la nascita di una città nuova. Altro merito di Letizia è di aver riprodotto tutti i luoghi dal vero, senza reinterpretare la realtà che aveva di fronte.

(fonti integrali “L’Antichità di Pozzuolo nei disegni inediti di Francesco Antonio Letizia (1774) a cura di Giancarlo Lacerenza, presentazione di Giuseppe Camodeca – Sezione Editoriale Puteoli A.C.S.T. -Pozzuoli)
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Source https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206178542037820&set=gm.1020913587985200&type=3&theater
Author Francesco Antonio Letizia

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