File talk:Edoardo Salmeri.jpg

From Wikimedia Commons, the free media repository
Jump to navigation Jump to search

Torquato Tasso ed Edoardo Salmeri

[edit]

Le prime manifestazioni dell’ epica italiana si hanno nel ‘200, e sono da ricercare nei “ cantari” dell’ Italia settentrionale, componimenti in dialetto franco-veneto che erano liberi rifacimenti delle “ chanson de geste” francesi. Questi cantari, o poemetti in ottava rima, erano recitati nelle piazze da cantastorie di

professione, detti giullari. Ebbero una grande diffusione in tutta Italia, specialmente in Toscana. In questa regione nel ‘300 si scrivevano anche romanzi cavallereschi in prosa; famoso fra tutti I Reali di Francia di Andrea Barberino, libro che ebbe una grandissima fortuna e ancora oggi si stampa. Con l’ Ariosto e col Tasso l’ epica continua a essere un genere letterario di grado elevato e raggiunge le vette più alte.Tuttavia, nel corso del ‘600, la poesia epica italiana decade come genere letterario, permanendo invece nella tradizione popolare attraverso l’ opera dei pupi di Palermo e di Catania. Poiché la vera poesia è poesia di rievocazione, possiamo affermare che Il Cavaliere dell’ Umanità ha pieno diritto di cittadinanza e rientrare nella tradizione epica. Classico nella forma, eroico nel contenuto, l’ opera presenta molte analogie ma altrettante differenze con il capolavoro tassiano. Vero è che il Salmeri fu sempre affascinato dalla figura di Tasso, al quale si sentiva accomunato dalla medesima temperie spirituale, dall’ essere come lui in perenne conflitto con i tempi; egli, l’ autore della Liberata, vittima della Controriforma e dell’ oscurantismo della Chiesa; il nostro poeta, vittima del materialismo storico della sua età. Il Salmeri ebbe sempre a considerare Tasso un maestro al quale ricollegarsi idealmente e fin dalla giovinezza si volse a studiare con attenzione la sua opera per trovarne ispirazione seria e profonda e cogliere lo splendore del verso fluido e armonioso. Anch’ egli, come Tasso, amava apparire il poeta degli amori infelici, così come risalta dalle figure femminili presenti sia nell’ opera del Tasso che in quella del Salmeri. Analoga fu in entrambi la passione per un mondo eroico fatto di sublimi ideali e nobili sentimenti, per gli antichi cantori cavallereschi attraverso i quali rivivevano non soltanto le gesta degli eroi ma la grandezza di un intero popolo, di una nazione che ritrovava la propria fisionomia e dunque la propria ragione d’ essere attraverso il ricordo del suo passato glorioso. Riguardo invece alle differenze tra i due autori, interessante è il giudizio espresso da Luigi Russo che a proposito della seconda edizione dell’ opera del Salmeri e ai suoi rapporti con L’ Orlando Furioso e La Gerusalemme Liberata dice: “Nella struttura e nel carattere, l’ opera si ricollega alla tradizione epico- cavalleresca ma è qualcosa di nuovo e di diverso rispetto agli antichi poemi eroici”; aggiunge poi: “ La verseggiatura e la costruzione delle ottave è buona e l’ autore deve essere molto addottrinato nella conoscenza dei poemi cavallereschi e dell’ ottava quale si è perpetuata in modo particolare dall’ Ariosto ai poemi del ‘700”. Tuttavia il sentimento che anima l’ opera è attuale, conforme al sentire dei tempi moderni, incline a cogliere le incrinature e le cadute dell’ uomo d’ oggi, la sua debolezza e fragilità. Pertanto

il sentimento eroico che pure anima tutta l’ opera e la sorregge cede il posto alla depressione e allo scoraggiamento. Ne consegue che il protagonista dell’ opera spesso viene colto e rappresentato nei suoi momenti di sconforto, anziché in quelli di trionfo ed esaltazione. Si potrebbe obietare che anche nell’ opera tassiana, gli eroi conoscano l’ abbattimento e la sfiducia, ma in questi i conflitti interni e le tensioni appaiono sovente risolte o dissolte nell’ anelito costante verso una fede trascendente che spiega e orienta i fatti medesimi. Pertanto sarà possibile vedere nel Canto I della Gerusalemme Goffredo, comandante dello esercito cristiano, prima irritato e restio ad attaccare battaglia a causa della dispersione dei principi cristiani travolti dalla cupidigia e dalla brama di potere, in seguito, animato dal fervore religioso e fiducioso dopo che Dio gli ha inviato l’ arcangelo Gabriele per incitarlo a riunire l’esercito cristiano contro gli invasori. E’ infatti totale la consustanzialità tra il proprio animo e la volontà divina. Ben diversamente, nel Canto XI del poema salmeriano, nel brano intitolato Diserzione di un Maramaldo, “ l’ eroe incrollabile” è ritratto in crisi depressiva dopo la morte della figlioletta Rosita; in tale stato d’ animo, egli è preso dalla tentazione di rinunciare alla sua missione di “libertador” dei popoli, ma Anita lo incita a riprendere il suo ufficio. E’ un brano questo che ci fa penetrare nell’ intima umanità di Garibaldi, mostrandocelo non più come ferreo campione, figura statuaria, ma come uomo comune, con le debolezze e la precarietà dell’ essere umano cui non arride neppure il conforto della fede. In brani come questo il carattere eroico del personaggio scompare; l’ eroismo cede il posto al patetico e al depressivo, altri aspetti della sensibilità poetica dell’autore. 79.52.193.83 11:47, 6 August 2022 (UTC)[reply]