File:Croce a stile Ferrandina.jpg

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Italiano: La croce astile poggia su un nodo ellissoidale con due ordini di moduli decorativi: una serie di fogliami d’acanto con lobo apicale e protomi alate alterne a cartelle lobate con girali appiattiti. I bracci lineari della croce sono profilati da sagomature tornite con baccelli tondi alterni agli ovali, resi contrastanti dal bulino. All’incrocio dei bracci, quattro fasci composti di raggi a ventaglio danno vita alla raggiera quadrata. Il terminale inferiore ha due carnose e morbide foglie d’acanto, a sbalzo vivo, con palmette sottostanti, mentre i tre bombati terminali apicali sono composti da coppie di girali affrontati, contenenti una paffuta testina alata e pomello finale a doppio ordine di fogliami. Sulla Croce è collocato il teschio d’Adamo, il Cristo patiens con perizoma annodato e testa reclinata da un lato, un rosone stilizzato all’incrocio dei bracci e un cartiglio ovale con la scritta INRI, un fogliame d’acanto stereotipato, tra nervature tornite su fondo a bulino riccio, è presente sui terminali posteriori della croce astile insieme ad un medaglione fiorato posto all’incrocio, visibile anche nella parte anteriore. Si legge sul recto: FILOMENA ABATANGELO VEDOVA MASTRO-MATTEI e sul verso la data 1904; deducendo così che la croce fu donata nell’anno 1904 dalla fedele alla Chiesa Matrice di Ferrandina, dove tuttora si custodisce. L’arredo reca sull’orlo ridotto del nodo e sui quattro fasci della raggiera il bollo dell’argento in uso dopo l’Unità d’Italia e uniformato a tutta la nazione, e la sigla M800, bollo di datazione, accompagnata dal punzone CATELLO. La croce astile è opera dell’operoso e geniale argentiere partenopeo Vincenzo Catello che, nel 1878, rilevò il laboratorio di Gennaro Pane, attivo nella seconda metà dell’Ottocento. Della maestria argentiera dell’inesauribile vena creativa dell’argentiere è testimonianza in una doppia serie di due corone d’argento, traforate a racemi, nella chiesa matrice della Trinità di Tramutola, una per la statua della Madonna dei Miracoli e l’altra per quella della Madonna del Rosario. Sempre opera del Catello è la splendida portella del Tabernacolo, sull’altare maggiore della stessa chiesa, rappresentante, a rigore di scultura, la Cena di Emmaus, raramente raffigurata. Un evidente eclettismo traspare, nella ripresa di ornati d’altre epoche, rivisitati con diversa ispirazione, di pathos espressivo. Nella resa finale non esiste armonia tra le parti. I terminali, di più accurata realizzazione, sono in netto divario con la resa a moduli standardizzati dei bracci della croce. Il decoro a ovali e cerchi bulinati è ripresa tematica del tardo Cinquecento. Il nodo di sostegno, che ha una dimensione ridotta, riflette strutture lineari e non si abbandona più a sporgenti e fastosi protomi alate o vegetali, ma è stretto e racchiuso in fregi ornati e raffinati. Il Cristo patiens, fuso a tutto tondo, ha un modellato a stampaggio, al pari del cartiglio apicale con la scritta INRI. Si delineano abbastanza chiaramente, nel rigore delle modanature e nella contenutezza delle forme, i fattori tipici del neoclassicismo, che comportano la drastica riduzione dell’ornato e l’abolizione delle stravaganze e bizzarrie dell’epoca precedente.
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Source Own work
Author Eustachio Vincenzo Scasciamacchia

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